Bambini, computer e tecnologia: che fare?

La notizia è arrivata come (l’ennesima) doccia fredda: è possibile togliersi la vita a 14 anni per colpa di internet?
La questione del rapporto tra i più giovani, le tecnologie informatiche e le famiglie è molto delicata e dibattuta. L’impressione, però, è che tutte queste discussioni, analisi, accuse, approfondimenti, eccetera, fatichino molto ad uscire dai circoli e a tradursi in cultura diffusa e nello sviluppo di comportamenti coerenti e consapevoli.

In un articolo di qualche settimana fa (Bambini e ragazzi sanno tutti usare il computer: davvero?) mi interrogavo sull’utilizzo di tablet, computer e simili da parte dei più piccoli, spesso osservati con compiaciuta ammirazione nelle loro imprese da genitori e nonni impressionati da tanta abilità.

In realtà, spesso per scarsa conoscenza delle potenzialità del mezzo, si rischia di lasciare in mano ai ragazzini, solo perché dimostrano di saper maneggiare volante, frizione e leva del cambio, l’equivalente di bolidi capaci di viaggiare oltre i 200 km l’ora, travestiti da innocenti telefonini e buffe tavolette.

Ma il mezzo, così come la strada, ha le sue regole, conoscerle e rispettarle è fondamentale per evitare di farsi (e fare) anche molto male: concetti come tutela della privacy propria e altrui, selezione delle informazioni e autorevolezza delle fonti, facile replicabilità e permanenza potenzialmente illimitata di immagini e dati, esistenza di enormi banche dati e di lucrosi e molto concreti mercati alle spalle di queste simpatiche e colorate “nuvolette sociali” (ma la lista sarebbe ancora lunga) sono difficili da spiegare così, all’improvviso, ad un ragazzo che si affaccia all’adolescenza. Diciamocelo: forse nemmeno noi li abbiamo molto chiari.

I bambini andrebbero accompagnati in internet da parte di genitori e nonni (e insegnanti, politici, ecc.) con la stessa attenzione e cura con la quale si insegna loro, piano piano, ad andare in bici senza rotelle, a nuotare,  a tornare a casa da soli da scuola e poi via via, fino al primo motorino per il quale, guarda caso, adesso bisogna anche studiare e superare un esame!

Un paio d’anni fa mia figlia quattordicenne mi raccontò di un nuovo sito il cui uso andava diffondendosi tra i compagni di scuola. Era stupita, non capiva perché una persona dovesse decidere di entrare su una piattaforma il cui unico scopo sembrava l”insulto libero e gratuito e, pur essendo anche lei un’amante dei siti sociali, decise di starvi alla larga.

Quel sito si chiamava ask.fm e oggi è pesantemente sotto accusa: da allora ho iniziato a raccogliere materiale per un progetto che spero potrà contribuire ad aiutare le famiglie (e non solo) ad informarsi e a prendere in maggior considerazione l’argomento.

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